Recensione di The Words
Film dell’anno 2012 e di genere drammatico
REGIA e SCENEGGIATURA di Brian Klugman e Lee Sterthal
ATTORI: Bradley Cooper, Zoe Saldana, Olivia Wilde, Dennis Quaid, Jeremy Irons, J.K. Simmons, Ben Barnes, John Hannah, Michael McKean, Zeljko Ivanek, Ron Rifkin, Nora Arnezeder, Liz Stauber
“Non sono l’uomo che pensavo di essere, e sono terrorizzato dall’idea che forse non lo sarò mai!”
È questa la paura che affligge Clay Hammond all’inizio del film The Words di cui è protagonista, uscito nelle nostre sale cinematografiche alcuni mesi fa. Clay è un autore al principio della propria carriera, al principio del suo matrimonio, al principio di quella che crede sarà una vita piena di successi e soddisfazioni, ricca di speranze che, col passare degli anni, tuttavia, non sembrano accennare a realizzarsi.
Innumerevoli notti in bianco passate a perfezionare il suo romanzo non portano a nessun risultato concreto per lo scrittore che resta non pubblicato ed ormai sull’orlo del lastrico. Ed è per amore della moglie, la quale, seppur immancabilmente devota ed incoraggiante, non può fare a meno di mostrare dubbi e timori crescenti per la loro situazione, che Clay arriva a fare l’impossibile, compromettendo se stesso e macchiandosi di plagio.
Sono infatti le parole di un altro che lo hanno stregato, le parole di un anonimo manoscritto trovato per caso durante il loro viaggio di nozze in Francia, parole così potenti che il desiderio di sentirle passare attraverso le proprie dita era troppo forte, confesserà infine il nostro protagonista, le parole che lo tormenteranno per il resto dei suoi giorni; non ha infatti difficoltà a trovare un editore adesso Clay, ed il libro che si è limitato puramente a copiare diventa un successo letterario immediato, talmente vasto che giungerà anche alle mani del vero autore del manoscritto.
Ed è qui che la vicenda si fa davvero interessante, anche se l’aspetto più accattivante del film resta l’esorbitante quantità di domande di carattere filosofico/morale sollevate sin dal principio: quanto della nostra vita è finzione e quanto è realtà? Quanto permettiamo agli altri di assumere erroneamente su di noi pur di ricevere gratificazioni? E’ giusto lasciarsi amare per quella che sappiamo essere una bugia invece che mostrare a tutti la verità consapevoli del fatto che potrebbe non essere abbastanza? E infine, se anche ci mostriamo pronti a leggere la delusione negli occhi dei nostri cari, saremo mai in grado di accettare la mediocrità ed il fallimento in noi stessi?
Un’altra possibilità di interpretazione dell’atto può essere l’ammettere che la sola facilità con cui Clay si adatta a vivere di menzogne sia dettata dal suo desiderio innato di vivere una vita romantica e passionale, intrinseca di emozioni tragiche e propria dell’animo degli autori maledetti, il cui ego ha necessità di essere accarezzato per sopravvivere. Scrittore nell’animo infatti, il protagonista comincia a camminare lungo il sottile filo tra vita e romanzo, due realtà molto vicine che mai, tuttavia, giungono a toccarsi. E quando la vera impossibilità che ciò avvenga non può più essere ignorata il castello di carta su cui Clay aveva costruito le proprie sicurezze viene a crollare, lasciandolo solo col vuoto che lo circonda.
I giudizi contrastanti che la pellicola ha ricevuto non fanno che rispecchiare le diverse opinioni sulle azioni del protagonista, le quali condonabili o no, non possono in nessun caso essere considerate inverosimili: se ciò che ci rende umani è l’imperfezione, ciò che ci rende identità è la distanza che siamo pronti a percorrere per tentare di rimediare ad essa. Un’interminabile corsa alla ricerca della perfezione può dunque fortificare la nostra integrità oppure può alienarci dal mondo e da noi stessi, laddove il vero obiettivo diventa solo trovare la scorciatoia più veloce.
Federica Massafra